Ci sono molte femmine nella nuova classe di mio figlio. Da quanto ho percepito stamattina chiacchierano parecchio, e ciò potrebbe essere un bene per sfondare il mutismo che sicuramente Lui adotterà, da qui ad un prossimo futuro indefinito, non appena ogni mattina varcherà la soglia del nuovo Kindergarten. Svizzero. Ove tutti parlano il dialetto zurighese di cui lui capisce forse mezza parola, stando larghi.
In questo passaggio da doppio salto mortale carpiato con avvitamento ha guadagnato un anno in più di giochi all’asilo (e d’altronde io non ce lo vedevo proprio a trascorrere infinite ore sui banchi della scuola elementare, pur avendo ufficialmente l’età per frequentare la prima classe secondo i criteri italiani), un percorso casa-scuola della durata di un minuto scarso, la possibilità di conoscere nuovi amici e imparare (forse) più rapidamente una lingua che gli potrà permettere di integrarsi meglio con l’ambiente circostante.
C’è chi dice che, in questo modo, perderà un anno di scuola in cui avrebbe potuto già iniziare a leggere, scrivere, contare. Io spero che, nel frattempo, avrà voglia di iniziare a leggere e scrivere un po’ in italiano. Ma che, nello stesso tempo, acquisisca quella maturità in più che gli potrà permettere, tra un anno, di entrare alla scuola primaria con maggiore serenità e consapevolezza, e sicurezza nella lingua per lui straniera.
Credo poi, in fondo, che nel bilancio della vita di una persona dodici mesi in più o in meno abbiano un ruolo davvero poco significativo. Ma in questo noi genitori siamo davvero portati ad ingigantire gli eventi come se tutto fosse “ora o mai più” su creature di pochi anni di vita. Lo so, anche se molto molto spesso me lo dimentico.
Ho anche molte altre preoccupazioni relative a questa nuova avventura, addirittura credo neppure tutte a livello cosciente. Ma non ne voglio parlare oggi: gli inizi si fanno, per quanto possibile, col sorriso negli occhi e il cuore sereno.