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ETERNE SICUREZZE

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(Foto Carlotta G.)

(Foto Carlotta G.)

 

Ricordo perfettamente, come fosse ieri, un post che scrissi nei primi tempi di questo blog. Mio figlio era piccolo, frequentava il nido, parlava ancora pochissimo, ma in compenso non stava mai fermo. Eravamo, in teoria, nel pieno della fase dei “terrible two” che, a volendo ben guardare, a casa nostra non è mai davvero passata di moda. 

Il titolo era inequivocabile: “Il Patato e Mr. Hyde“: ogni ulteriore commento è sostanzialmente superfluo, ma se ne avete voglia andate pure a dargli una lettura veloce. Sono passati quasi quattro anni, Lui ora parla, naturalmente, ma tutto il resto della dinamica non è molto cambiato. Questo per dire che sconfesso totalmente e pubblicamente quelli che sostengono strane teorie del tipo: “Ma poi, crescendo, cambiano!” Col cavolo, il DNA non cambia con l’età, al massimo si aggiungono le magagne dell’invecchiamento.

La lunga premessa è per raccontare questo fatto. La scorsa settimana la sua scuola era chiusa un paio di giorni, per celebrare degnamente anche in terra straniera la festività del 2 giugno, la mia però non lo era ed abbiamo dovuto organizzarci, come altre volte del resto, affinché Lui venisse con me a lezione di tedesco. Un paio d’ore, ma per le quali inizialmente io avevo i sudori freddi prima, durante e dopo. Stranamente, però, quando lui varca quella soglia subisce istantaneamente una sorta di metamorfosi: si sistema tranquillo e beato nella stanza dei giochi (mediamente pensati per bambini parecchio più piccoli di lui) e si perde in quel mondo parallelo fino a che non vado a recuperarlo, dicendogli che ho finito e che dobbiamo andare via, cosa che puntualmente faccio fatica a realizzare, tanta è la sua concentrazione spazio-temporale.

Giovedì scorso, ad un certo punto, Lui apre la porta della mia aula, si dà un’occhiata intorno guardingo e si avvicina al mio posto. Poi, appoggiando sul tavolo davanti a me il suo fiore di carta, dice tutto coccoloso: “Mami, questo l’ho fatto per te!” Alla mia insegnante sono venuti gli occhi lucidi dalla commozione, le altre colleghe erano a bocca aperta dalla meraviglia. Nell’aria volavano cuoricini rosa come neppure a San Valentino e gli angioletti dell’amore cantavano dolcissime melodie.

Ovviamente la credibilità del mio mantra che sostiene che mio figlio è una peste inaudita, e che mi fa sudare ogni santo giorno più delle famigerate sette camice per qualsiasi cosa, si è sgretolata come un castello di sabbia. Sì, sì, pensate pure che “Quando crescono, poi, migliorano!” 😉

 

 

 

 


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