“Ogni traguardo è un nuovo inizio”. (Stephen Littleword, Aforismi)
Non sono mai riuscita a godermi come si deve i traguardi. Mai riuscita a fare la super festa, memorabile per gli anni a venire, per la tanto sudata laurea, né prima per il diploma, né poi per il primo lavoro. Ma forse neppure ad essere soddisfatta per la più piccola celebrazione, quella a misura mia, solo per gustare il momento, pur se breve ed effimero, che mi ero comunque guadagnata.
Ho fatto una festa per il matrimonio, certo, in cui gli inviati mi è parso che se la fossero spassata parecchio, ma dove io ero sicuramente troppo distrutta per apprezzarlo. Non ho veramente festeggiato la nascita di mio figlio, né il suo primo compleanno (il più triste che la storia ricordi, temo) quando mesi infiniti di notti insonni, insieme ad un’altra serie di amenità, rendevano tutto ciò che andasse oltre lo stretto necessario, “felicemente evitabile.”
C’è da dire che ho festeggiato i quaranta, nulla di fantasmagorico, ma me n’è rimasto un piacevole ricordo: e da lì ho pensato forse di avere imparato qualcosa, pur se, in verità, il compleanno non è letteralmente un traguardo rimesso appieno alla tua responsabilità e ai tuoi voleri.
Mancano ormai pochi giorni ad un traguardo per raggiungere il quale ho lavorato quattro anni e circa 14.500 chilometri. Non metaforici, chilometri veri, macinati dalla Svizzera all’Italia (e viceversa), durante i fine settimana, di sera, da sola o con famiglia al seguito. Un’avventura per la quale mai mi sono domandata se e quando il lungo percorso sarebbe finito, ma spesso di quanti sacrifici valesse la pena, mentre impacchettavo frettolosamente i bagagli da caricare in auto il venerdì dopo cena, accanto ad un figlio di pochi anni distrutto dal sonno che sarebbe crollato sul suo seggiolino dopo pochi minuti dalla partenza e un marito provato dalla settimana che avrebbe dovuto guidare tre ore abbondanti, prima di iniziare un weekend niente affatto riposante entro i confini della madrepatria.
Qualcuno una volta mi ha detto che se una strada è davvero la tua, qualsiasi altra variabile di tempo e spazio è totalmente irrilevante: non importa quanto tempo dovrai investirci, o con quanti e quali ostacoli la vita cercherà di deviarti rispetto alla meta. Temo sia vero.
Avevo in testa grandi festeggiamenti, anche solo per me, s’intende. Ché 14.500 chilometri non sono sicuramente un traguardo che capiti tutti i giorni, così come del resto non lo è ciò che sta oltre quella distanza e ciò da cui questa distanza in lunghi (lunghi?!) anni è stata riempita.
Ma non potrò fare nulla di tutto ciò che avevo, anche se confusamente, vagheggiato. Guardando da vicino il traguardo, dopo i lunghi 14.500 chilometri, io adesso mi sento solo male.