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QUEL CHE MI MANCA

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Ogni tanto qualcuno, soprattutto quando torno in Italia, mi pone la fatidica domanda che credo tocchi senza scampo a tutti gli expat: “Ma l’Italia ti manca?”

Mi mancano sicuramente alcune persone, alcuni luoghi a cui sono affezionata, i favolosi supermercati in cui fare una spesa che dura ore senza annoiarsi mai. Mi manca poter andare a prendere un cappuccino al bar senza dover chiedere un mutuo, una cena al ristorante (in un normalissimo ristorante, sia chiaro) senza pensare inevitabilmente che quel che ho dovuto spendere è pura follia, investendo 20 Euro in una pizza o 5 in un gelato di dubbia qualità.

Ci sono, per contro, un’infinità di cose che NON mi mancano affatto dell’Italia e non sto neppure ad elencarle, perché tanto le sappiamo tutti, soprattutto quelli che in Italia ci vivono ancora. Ovvero tutto quello che, purtroppo, non funziona da sempre e, forse, non funzionerà neanche mai.

Stamattina mi sono alzata dal letto e volevo parlare (con un disastro di lamenti) del meteo: vi risparmio la foto di oggi fuori dalla finestra. MA: quando mai in Lombardia il tempo meteorologico è stato tanto meglio di quello di Zurigo? Un pochino meno freddo, ma sicuramente molto più umido, e quindi fastidioso, col cielo quasi sempre coperto di smog inamovibile. Gli inverni zurighesi fanno schifo, quelli milanesi anche. Le estati lombarde sono una sciagura di afa e zanzare, quelle svizzere (quando ci sono) sono uno spettacolo. Mi mancano, invece, le mezze stagioni, quelle in cui il gelo invernale fa lentamente spazio a un alba di timido tepore, quando si iniziano a vedere i fiorellini nelle aiuole e si sente nell’aria un profumo diverso, che lentamente fa capolino nel mare di freddo che ha addormentato i sensi per mesi. Quel che mi manca, sia qui che là, è invece una vita al mare che, sempre più insistentemente, diventa una necessità fisica impellente.

Resta una cosa, la più grande e importante di tutte, con la quale con grande fatica difficilmente riesco a scendere a patti. Mi manca, sempre e comunque, la mia lingua, il capire le persone che parlano, il cogliere a tratti le conversazioni sul tram, il chiacchiericcio dei bambini al parco, il leggere istintivamente i titoli del giornali e i cartelloni della pubblicità. Poter entrare in una bellissima libreria e scegliere “quel libro che ti chiama”. Son passati quasi due anni, ma è una mancanza che non accenna a diminuire e, anzi, che aumenta impercettibilmente ogni giorno che passa.


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